1a Stagione | Ep.1

 Tempi moderni

Come sta cambiando il lavoro e perché

Dic 6, 2021

Si parla da tempo di Grandi dimissioni: ma cosa c’è dietro? Come stanno i lavoratori, e come stanno reagendo le imprese? Lo abbiamo chiesto a quattro professionisti che con lavoratori e aziende collaborano ogni giorno. E abbiamo tracciato un quadro preciso del mondo del lavoro attuale.

 

Stiamo affrontando gli effetti di questi due anni pandemici, di un trauma mondiale che ha toccato tutti da tanti punti di vista. In questi due anni c’è stata una povertà relazionale: non ci siamo più guardati negli occhi per tanto tempo.

Angela Mammana, psicologa e coach umanista, con i suoi clienti quest’anno ha lavorato a lungo: c’è chi ha perso il lavoro e ha dovuto reinventarsi, chi ha subito gli effetti di una permanenza prolungata a casa, chi ha sentito il bisogno di mettere dei confini.

Quando nel dibattito si parla di Grandi dimissioni spesso è complesso chiarire tutte le sfumature del processo, e dare dei limiti al fenomeno. 

Tra i lavoratori che scelgono di ripensare la propria vita alla luce dei cambiamenti vissuti negli ultimi due anni c’è chi non è più disposto a gestire tempi e spazi come accadeva prima del marzo 2020, ma anche chi della pandemia si porta dietro un forte senso di isolamento e abbandono. C’è chi ha imparato a conciliare tempi di vita e di lavoro, e chi si è sentito sopraffatto da quest’ultimo anche nei suoi spazi più privati. 

Con tante persone abbiamo lavorato sul fatto di mettere dei confini, dei tempi tra la vita privata e la vita professionale, e sulla capacità di dire di no – continua Mammana – Alcune mamme, donne lavoratrici, stanno tornando con grande piacere in azienda, oltre che per rivedere le persone, anche per mettere confini più netti tra vita personale e vita privata.

Ma c’è un altro aspetto importante da non sottovalutare: i lavoratori stanno affrontano nuove patologie, non esistenti prima della pandemia. Iuri Diego Frontini, medico del lavoro, parla di cervicalgie, lombalgie, aumento ponderale. E difficoltà psicologiche da non sottovalutare.

C’è un’alienazione importante: manca il contatto sociale, con l’esterno, ma anche l’abitudine a muoversi un pochino di più. Lo smart working è una bella cosa, ma tendenzialmente la casa non è smart. Non è pensata per essere compatibile col lavoro, per essere un ufficio.

I lavoratori si dividono in due grandi gruppi: chi desidera rientrare in ufficio per uscire dall’alienazione – spesso pur con gravi patologie – e chi invece ha sviluppato un preoccupante attaccamento alla casa: è quello che spesso viene definito come “effetto capanna”.

Considerando che la salute è per definizione OMS uno stato di pieno benessere fisico, ma anche psichico, sociale ed economico, per noi è importante valutare tutti gli aspetti – spiega Frontini.

Ma, mentre i lavoratori cercano un nuovo equilibrio e imparano a reinventarsi, a volte anche a causa della perdita del posto di lavoro, come si stanno comportando le imprese? Quali difficoltà stanno attraversando a loro volta?

Al nord, dove la transizione digitale e quella verde sono più avanti, c’è maggior dinamismo, maggiore capacità di cogliere le opportunità che si presentano. Nei settori più fragili o a rischio, quelli che operano nel terziario, come piccole imprese o micro imprese, si soffre veramente tanto.

A spiegarlo è Giuseppe Marsoner – commercialista, formatore e mediatore – che supporta le aziende a livello finanziario, anche nella creazione di nuovi processi capaci di innescare un cambiamento, una reazione alla crisi. Le imprese non possono essere lasciate sole: hanno bisogno di visione, internazionalizzazione, digitalizzazione e supporto da parte di tutti i professionisti che fungono da interlocutori nel quotidiano:

Se l’azienda è lasciata da sola naviga a vista, diventa fragile e muore.

A fare da ponte fra aziende e lavoratori, sono i sindacati. Sonia Paoloni, Segretaria nazionale FILCTEM CGIL, che si occupa dei contratti nel settore moda, ha riscontrato nuove esigenze che si fanno sempre più insistenti.

C’è sicuramente una maggiore richiesta di sicurezza all’interno dei posti di lavoro. Si è aperto un varco per quanto riguarda l’esigenza del lavoro da remoto. Adesso che si è stati costretti a lavorare da remoto, i lavoratori non vogliono rientrare.

Ma come stanno rispondendo le aziende? Piuttosto efficacemente, in realtà. Almeno quelle più solide:

Le aziende più ricettive sono quelle più grandi, perché sono quelle che hanno a disposizione più risorse, spazi e possibilità di venire incontro alle esigenze dei lavoratori. Nel periodo della pandemia abbiamo portato a casa il rinnovo di otto contratti nazionali di settore del sistema moda.

Il quadro, in sostanza, sembra ancora in via di sviluppo, anche se l’emergenza è lontana dal considerarsi conclusa. E non solo per le oscillazioni fisiologiche della situazione sanitaria, ma anche per tutto ciò che le fa da contorno: il report INAIL di giugno-luglio 2021 fotografa una situazione tutt’altro che rassicurante, evidenziando come sia importante tenere alta l’attenzione anche oltre alla pandemia. Chiude così Iuri Diego Frontini:

Purtroppo l’unica tematica di sicurezza su cui si è puntata l’attenzione è il covid. Giusto, ma rischiamo di perdere di vista tutto il resto. Bisogna fare attenzione, perché quello che si perde in formazione e in attenzione non si recupera sicuramente in poche settimane.

Cosa possiamo fare nel frattempo? Una soluzione la fornisce Angela Mammana:

La sfida di oggi è quella di attuare un ottimismo realistico, cioè un ottimismo che guarda la complessità di limiti e opportunità e cerca di navigare trovando soluzioni nuove, buone, sia per se stessi che per la società.

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