1a Stagione | Ep.6

Autonomi, ma insieme

Le cooperative dei liberi professionisti (Con Rete DOC Net)

Feb 28, 2022

Cosa succede quando i lavoratori decidono di mettersi insieme ed autogestirsi? Il modello cooperativo risponde ancora alle esigenze dei lavoratori?

 

Essere datori di lavoro di se stessi è un’espressione che rimbalza da sempre nei discorsi dei liberi professionisti o di chi desidera mettersi in proprio lasciando il lavoro da dipendente.

Quello che forse si sa meno è che il motto, certamente applicabile a chi sceglie di aprire una partita IVA, calza a pennello tra i soci delle cooperative, diventandone il valore fondante, come fondanti sono le persone che la compongono.

Le aziende cooperative bossless – senza capo – prevedono che i soci partecipino all’attività della cooperativa e decidano con i committenti condizioni modalità e compensi. La cooperativa gestisce la parte organizzativa totale: una quota la tiene per i costi generali e riconosce ai soci tutto il valore del proprio compenso.

Nell’industria creativa è la persona la fonte da cui parte tutto il processo produttivo. Se nelle altre industrie la forza lavoro è solo uno dei tanti elementi, nel nostro settore se non c’è l’identità di ognuno non nasce niente.

A parlare è Demetrio Chiappa, Presidente di DOC, una  rete di società cooperative che da oltre trent’anni opera nel mondo dello spettacolo, della creatività e dell’innovazione tecnologica. Circa 8.000 soci all’attivo e una presenza in tutto lo Stivale: questi i numeri della rete, all’interno della quale si riuniscono liberi professionisti dello spettacolo, dell’educazione, della comunicazione e del mondo della cultura in genere. Una rete che la pandemia ha messo a dura prova, ma che ha saputo trovare nel suo capitale – i soci e i clienti – tutto il necessario per potersi reinventare.

La prima cosa che abbiamo fatto durante la pandemia è stata quella di profilare tutti i soci e capire se avessero competenze parallele per cercare nuovi spazi di lavoro.

Abbiamo chiamato tutti i clienti e abbiamo detto a tutti: qualsiasi lavoro andrete a fare per convertire la vostra azienda, sappiate che siamo disponibili a intervenire come soci.

È stato così che durante il Covid l’insegnante di musica poliglotta si è reinventata come docente di lingue e che il rigger ha potuto essere impiegato nella potatura degli alberi. Ma nel tempo, mettendo insieme le competenze dei soci, quelle di chi lavora all’interno della cooperativa alla stesura dei bandi e la rete di volontari sul territorio, si è fatto molto di più: ad esempio, costruire una scuola.

Abbiamo messo in piedi una scuola da zero collaborando con le associazioni locali: nell’arco di due mesi un capannone vuoto è diventato una scuola di altissimo livello. Siamo passati da tre insegnanti e venti allievi a trenta docenti e trecento allievi, più due segretarie.

Nel corso della puntata Demetrio ha spiegato quanto il modello cooperativo, tradizionalmente poco conosciuto o ritenuto antiquato – quando non collegato addirittura nei pregiudizi ad attività di gestione malavitosa – sia in realtà il cuore pulsante di gran parte dell’industria, soprattutto culturale, ma non solo. E di come, senza saperlo, i giovani la applichino nel quotidiano nel corso della loro vita:

I giovani già conoscono il modello cooperativo, perché lo vivono. Il collaborativismo, il lavorare in squadra, sono tipici delle nuove generazioni.

Al punto che:

Molte società capitalistiche iniziano a guardare al modello cooperativo e all’impegno sociale anche come elemento di produttività, efficienza ed efficacia degli investimenti.

Ne abbiamo parlato, del resto, anche con Valentina Cucino, nella nostra puntata dedicata alle start-up sociali. Segno che creare lavoro a partire dall’autonomia e dalla cooperazione – ben bilanciate insieme in un sistema fruttuoso – si può. Anche quando il motto è un utile in meno, ma un occupato in più.

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